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E’ finito il mio day surgery, con esso anche il lavoro che avevo iniziato. Come avevo anticipato nello scorso post sarebbe finito lo stesso giorno. Anche in quest’occasione sono stato rapito dall’umanità che mi circondava, che insieme a me ha vissuto le ore dell’attesa. Mi emoziona molto la vicinanza con altre persone nei nostri momenti di difficoltà o di preoccupazione, sento che questi possano essere gestiti meglio, se si riesce a stare vicini, anche se si è dei perfetti sconosciuti; le anime, infondo, non hanno bisogno di fare conoscenza, si conoscono tutte da sempre, da quando tutto ha avuto inizio. In un ospedale queste anime sono prevalentemente preoccupate, questo favorisce la vicinanza. In queste ore ho steso gli occhi negli occhi di altri, ho guardato nelle pieghe di quelle lenzuola che avvolgono i corpi dei pazienti, e i pensieri e i desideri dei loro parenti. Ho seguito i passi di pantofole dei degenti in pigiama, destinati a ripercorrere ancora gli stessi passi. Ho visto le barelle scivolare veloci, verso le loro destinazioni, con la scia di preoccupazioni e di speranze dei familiari dei degenti.
Questo è solo un’anticipazione del lavoro completo, con il quale ho provato a SUPER-VIVERE la giornata di giovedì scorso.

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